Psoriasi in gravidanza
Aggiornato il 07 Novembre 2023
Fattori ambientali e predisposizione genetica concorrono nella sua patogenesi. Il rischio di trasmissione ai figli va dal 50% in caso di entrambi i genitori affetti, al 16% in caso di un solo genitore affetto, all'8% in assenza di familiarità. Molte donne la manifestano prima o durante il periodo riproduttivo per cui è importante sapere come gestirla durante la gravidanza.
Secondo quanto riportato dalla letteratura la psoriasi in gravidanza migliora nella maggior parte dei casi, per alcuni a causa dell'elevato livello di progesterone che inibisce l'attivazione delle cellule T, per altri per l'aumento degli estrogeni. La patogenesi della malattia è infatti mediata da alcune cellule del sistema immunitario, i linfociti T helper 1 e 17, mentre la gravidanza riequilibra la risposta immunitaria verso i linfociti T helper 2, con conseguente miglioramento.
I dati relativi all'influenza della psoriasi sulla gravidanza sono discordanti: per alcuni vi è un aumento dei parti pretermine, di basso peso del bambino alla nascita, e di aborti spontanei, ma secondo altri studi non ci sarebbe un aumento di difetti alla nascita o di eventi avversi durante la gestazione.
Le donne affette da psoriasi, in particolare con il passare degli anni, sono a maggior rischio di sviluppare le comorbidità associate come sovrappeso o obesità, depressione, tabagismo ed è meno probabile che assumano vitamine o supplementi in gravidanza.
Il 10-20% delle donne affette da psoriasi peggiora durante la gravidanza e 6 settimane dopo il parto.
Non potendo prevederne il decorso, è importante ottenere un buon controllo della malattia prima di intraprendere una gravidanza, limitando per quanto possibile il rischio di riaccensione.
In base alla gravità della malattia ci si avvale di trattamenti locali o sistemici, tra i quali alcuni che espongono il feto a rischi di malformazione congenite (teratogeni).
Le terapie locali utilizzate includono emollienti, steroidi topici, analoghi della vitamina D, antralina, catrame, acido salicilico. In generale bisogna considerare che l'applicazione dei topici su vaste aree corporee espone al rischio di un potenziale assorbimento sistemico.
L'antralina (ditranolo), pur non avendo dimostrato rischi negli studi su animali, non è mai stata studiata sulle donne in gravidanza, per cui secondo alcuni andrebbe interrotta 4 settimane prima del concepimento. Gli steroidi locali sono sicuri ma quelli molto potenti (clobetasolo) vanno usati con moderazione (meno di 30 gr alla settimana che corrispondono a 1 tubo ). Poiché l'uso degli analoghi della vitamina D come calcipotriolo e derivati ha causato eventi avversi negli studi su animali, ma non abbiamo dati sulle donne in gravidanza, gli esperti consigliano di non superare i 25-50 gr alla settimana per 3-4 settimane. Sul catrame vi sono dati limitati (teratogeno in studi animali, ma non in quelli umani) e si consiglia di evitarli nel primo trimestre e di mantenersi al di sotto dei 10 gr al giorno nel 2 e 3 trimestre. L'acido salicilico è sicuro ma andrebbe mantenuta una concentrazione al di sotto del 3% ed una quantità inferiore ai 100 gr alla settimana.
Sull'uso degli immunosoppressori topici, tra i quali il più utilizzato è il tacrolimus, vi sono dati limitati ma poiché la somministrazione per via orale è stata associata a prematurità e a basso peso, alcuni esperti consigliano di limitarne l'applicazione locale a meno di 5 gr al giorno per 2-3 settimane.
I retinoidi, derivati della vitamina A, sia topici (tazarotene) che orali (acitretina) vanno evitati per la loro teratogenicità: a livello locale andrebbero interrotti 4 settimane prima (è una misura cautelativa considerati i dati limitati e il rischio teorico). L'utilizzo dei retinoidi sistemici è assolutamente controindicato, per tale ragione nelle donne in età fertile è obbligatoria la contraccezione e se si programma una gravidanza è necessaria l'interruzione del trattamento 2 anni prima del concepimento. Sembra, invece, che durante l'allattamento i livelli di acitretina nel latte siano bassi e probabilmente non tossici.
La fototerapia con UVB a banda stretta (UVB-NB) è sicura in gravidanza ma richiede il supplemento di acido folico soprattutto nel primo trimestre (alti dosi di UVB-NB possono provocarne una riduzione), mentre sulla PUVA (psoralene+UVA) vi sono dati limitati e gli esperti consigliano nella donna l'interruzione almeno 1 settimana prima del concepimento; nell'uomo l'interruzione va effettuata 3 mesi prima per l'effetto mutageno dello psoralene, tranne se la terapia sia limitata ad aree ristrette del corpo (es. bath PUVA in mani e piedi). Non ci sono dati riguardo ai rischi da PUVA in allattamento, ma sarebbe bene ritardarlo di 5 ore dopo l'ultima dose di psoralene.
Il cortisone sistemico nella donna si associa, in particolare nel primo trimestre di gestazione, a basso peso alla nascita, ridotta crescita intrauterina e labioschisi del nascituro. Per questo motivo è consigliabile non assumerlo nel primo trimestre. Durante l'allattamento gli esperti sostengono che sia sicuro ma sarebbe meglio aspettare 4 ore dall'ultima dose.
Tra gli immunosoppressori il methotrexate (MTX) va sospeso sia nella donna che nell'uomo 3 mesi prima del concepimento, per la teratogenicità e per il rischio di aborto nel primo caso e per la riduzione della fertilità nel secondo. Riguardo alla somministrazione del farmaco durante l'allattamento i pareri sono discordanti: sembra che i livelli di farmaco che viene escreto con il latte siano bassi ed anche i rischi per il neonato (se la mamma fosse in terapia con MTX a scopo precauzionale si potrebbe monitorare l'emocromo completo del neonato al 1 e 3 mese di vita).
Invece la ciclosporina, si potrebbe considerare come possibile terapia sistemica durante la gestazione ma con cautela monitorando la pressione arteriosa, la funzione renale e facendo attenzione a possibili infezioni del tratto urinario. Durante l'allattamento è sicura.
I farmaci biologi comprendono un numero sempre crescente di nuove molecole che vengono riservate alla psoriasi severa, tra i quali gli anti-TNF-alpha (infliximab, adalimumab, etanercept, certolizumab), gli anti-IL17 (secukinumab e ixekizumab) e gli anti-IL23 (ustekinumab). Oltre al rischio teratogeno e alle malformazioni (nelle fasi precoci della gestazione) altri aspetti di potenziale pericolo in gravidanza sono l'aumento dell'immunosoppressione materna (con conseguente rischio di infezioni) e quella fetale e neonatale (terzo trimestre fino ai 6 mesi di vita con rischio infettivo, incluso quello legato alle vaccinazione con virus vivi). I dati sull'uso di tali farmaci in gravidanza è limitato, e sebbene secondo le opinioni degli esperti gli anti-TNF-alfa, i biologici più vecchi, siano sicuri e gli altri probabilmente a basso rischio, si preferisce interromperne la somministrazione prima del concepimento:
infliximab: stop 7 settimane prima
adalimumab e certolizumab: stop 10 settimane prima
etarnercept: stop 15 giorni prima
secukinumab: stop 19 settimane prima (anche nei maschi)
ustekinumab: stop 15 settimane prima (anche nei maschi)
ixekizumab: stop 9 settimane prima (anche nei maschi)
Poiché ci sono scarsi dati sulla somministrazione durante l'allattamento e anche se gli anti-TNF-alfa sembrerebbero sicuri, si sconsiglia l'allattamento al seno durante la terapia. Non è necessario, invece, interrompere gli anti-TNF-alfa nei maschi e sembra che migliorino la vitalità degli spermatozoi e la qualità dello sperma.
Infine tra i farmaci più nuovi apremilast, inibitore della fosfodiesterasi 4, recentemente diventato rimborsabile dal SSN in Italia per l'artrite psoriasica ma non per la psoriasi cutanea, per la mancanza di dati in ambito umano, va interrotto durante la gestazione almeno 2 giorni prima del concepimento e durante l'allattamento.
In conclusione durante la gravidanza spesso il miglioramento della psoriasi permette di sospendere le terapie, ma quando ciò non accade vanno utilizzati in prima istanza gli emollienti e gli steroidi topici (questi ultimi da usare con moderazione per limitarne l'assorbimento sistemico), associati o meno alla fototerapia con UVB. Si possono usare con moderazione calcipotriolo, acido salicilico e tacrolimus.
Nel caso di marcato peggioramento è necessario valutare con dermatologo (o reumatologo) e ginecologo quale strategia adottare, tenendo conto che qualora fosse strettamente necessario un farmaco sistemico è meglio optare per quelli su cui vi è una più lunga esperienza, come lo steroide sistemico e in seconda istanza la ciclosporina ma con cautela e sotto stretto monitoraggio medico.
Dottoressa Iria Neri
Responsabile Ambulatorio di Dermatologia Pediatrica
UO Dermatologia
Azienda Ospedaliero - Universitaria S.Orsola Malpighi Bologna