Episiotomia: quando è necessaria
Aggiornato il 22 Aprile 2022
Pratica chirurgica molto comune in ostetricia, l’episiotomia favorisce il passaggio del feto durante il parto vaginale: il perineo viene tagliato e, in questo modo, l'orifizio vaginale si allarga.
Scopriamo dunque tutto ciò che c’è da sapere sull’episiotomia nel parto.
Che cos’è l'episiotomia
Taglietto sì, taglietto no: è un punto, questo, su cui tutte le donne prossime al parto dibattono. Tutte sperano in un perineo intatto, per ovvi motivi. Ma, soprattutto, perché fa la differenza nel puerperio.
Cos’è l’episiotomia? Con il termine “episiotomia” si intende un piccolo intervento che viene praticato durante il parto, nella fase in cui la testa del bambino affiora dal perineo e cerca di vedere la luce. Si tratta di un’incisione chirurgica del perineo e della vagina, eseguita in anestesia locale con le forbici o con il bisturi e praticata per allargare l’orifizio vaginale e facilitare il passaggio del feto. Ad effettuarla sono l’ostetrica o il medico di sala parto nel momento finale del travaglio.
I punti per l’episiotomia sono necessari: generalmente realizzati in filo riassorbibile, non devono essere rimossi nelle prime giornate del puerperio.
Episiotomia e dolore
L’episiotomia era stata introdotta con la convinzione che potesse limitare il dolore e la gravità delle lacerazioni spontanee a cui le donne possono andare incontro durante il parto. In realtà, gli studi hanno dimostrato che praticare di routine l’episiotomia non produce benefici rispetto al parto senza interventi. Anzi: limitarne l’uso aumenta le probabilità di avere un perineo intatto, diminuendo il numero di suture e di complicazioni, senza differenze nel dolore perineale e nella frequenza di lacerazioni gravi.
Attualmente l’episiotomia viene limitata esclusivamente ai casi in cui può effettivamente aiutare il bambino a nascere, in caso di parto strumentale (ventosa ostetrica) o per prevenire lacerazioni gravi del perineo (valutazione che può essere fatta dall’equipe della sala parto solo nel periodo espulsivo).
Episiotomia e incontinenza urinaria
Neppure sul medio periodo ci sono prove consistenti a favore o contro il ricorso dell’episiotomia. Una sintesi dei risultati degli studi disponibili mostra che, il ricorso di routine all’episiotomia, non riduce il rischio di incontinenza urinaria e fecale della madre o di prolasso genitale nel periodo compreso tra 3 mesi e 5 anni dopo il parto. Inoltre, non aiuterebbe a ridurre i dolori perineali che si possono avere dopo il parto e comporta una minore probabilità di riprendere precocemente i rapporti sessuali.
Per la prima volta, in uno studio condotto in Canada su 949 donne, è stato considerato il ruolo dell’incontinenza urinaria contratta in gravidanza: questa raddoppia la probabilità di soffrire di incontinenza urinaria a tre mesi dal parto (vaginale o taglio cesareo).
Certo è, e questo lo dico per rassicurarvi e con cognizione di causa, che tutto il personale medico e ostetrico è al corrente di queste considerazioni, emerse da vari studi multicentrici e discusse in varie sedi universitarie e congressuali. Per cui il mio consiglio è quello di fare affidamento sulla figura professionale che vi assisterà e che certamente eviterà di eseguire una procedura considerata inutile o dannosa. Con altrettanta serietà e coerenza, il medico o l’ostetrica dovranno praticarvi l’episiotomia se ritenuta necessaria per il buon esito del vostro parto, sia sul versante materno che su quello fetale. Successivamente faranno la sutura nel modo meno traumatico possibile, sia essa esitata da una episiotomia (episiorrafia) o da una lacerazione spontanea. E se invece nulla fosse da riparare, e ve lo auguro!, meglio ancora: vivrete il vostro puerperio più serenamente.