Pollini ed alimenti: la sindrome orale allergica
Aggiornato il 25 Ottobre 2022
- <::marker> La Sindrome Orale Allergica:
La sindrome orale allergica, notoriamente abbreviata nella sigla SOA, è una reazione allergica che si manifesta in seguito ad ingestione di alcuni tipi di frutta fresca, verdura e frutta con guscio, in soggetti che presentano, di base, un’allergia ad alcuni pollini.
Il nome deriva dal fatto che le reazioni si manifestano prevalentemente a livello orale come prurito alla lingua, al palato, alla gola, sensazione di gonfiore e formicolio alle labbra.
Generalmente è quindi una reazione allergica di entità moderata, non clinicamente grave e non diffusa a tutto l’organismo (non sistemica). Tuttavia alcune forme di SOA possono dare interessamento sistemico e manifestarsi anche come allergia generalizzata caratterizzata da eruzioni cutanee, edemi delle mucose, difficoltà respiratoria e, in alcuni casi, anche shock anafilattico.
La sindrome orale allergica è stata indicativamente stimata nel 20-30% di soggetti allergici a BETULACEE e GRAMINACEE.
Gli allergeni coinvolti
Perché un’allergia ai pollini dovrebbe condizionare reazioni allergiche alimentari? La risposta risiede in alcune glicoproteine che sono condivise tra pollini e frutta. Questi allergeni, particolarmente comuni nel mondo vegetale si chiamano PANALLERGENI e vengono classificati in diverse famiglie, contraddistinte da sigle particolari: tra i principali panallergeni abbiamo le Profiline, le LTP (Lipid Trasfer Proteins), le PR10, le TLP (Thaumatin-like Protein).
Le principali famiglie di panallergeni coinvolte nella sindrome orale allergica sono le profiline e le PR-10. Particolari profiline presenti nelle graminacee si ritrovano ad esempio nel melone e nell’anguria. Un particolare tipo di PR-10 come la Bet v1-like è presente nel polline della betulla, nella mela e negli altri frutti della famiglia delle rosacee quali prugna, albicocca e ciliegia.
Ecco spiegato perché un bambino allergico alla betulla potrebbe avere prurito alla lingua mangiando mele o prugne.
Un discorso a parte meritano le Lipid Transfer Proteins (LTP), dei panallergeni responsabili sempre di reazioni allergiche a frutta e verdura, che risultano particolarmente stabili ai succhi gastrici e al calore. Le LTP sono contenute sempre nei frutti della famiglia delle rosacee quali pesca, mela, prugna, albicocca, ciliegia, uva, pera, e frutta a guscio quali nocciole arachidi, noci. Le persone sensibilizzate a queste sostanze (molto diffuse in frutta e verdura ma meno nei pollini), spesso non hanno i sintomi della pollinosi ma possono avere reazioni allergiche alimentari più gravi, sistemiche: essendo proteine stabili all’azione dei succhi gastrici la manifestazione allergica sarà di entità maggiore mentre nella classica reazione da sindrome orale allergica, una volta ingerite le proteine, l’effetto di reazione allergica cessa, grazie all’azione degli enzimi digestivi che distruggono l’allergene al passaggio dallo stomaco. La loro caratteristica resistenza al calore fa sì, inoltre, che la reazione allergica possa comparire anche se l’alimento viene assunto cotto (mentre profiline e PR-10 sono labili al calore). Infine, essendo principalmente contenute nella buccia e negli strati subito sottostanti del frutto, il rischio di reazione allergica si ridurrà assumendo il cibo sbucciato.
- <::marker> Come riconoscerla e cosa fare
Come sempre il sospetto di sindrome orale allergica verrà posto sulla base del quadro clinico. La diagnosi allergologica necessiterà dei comuni test cutanei (prick test), della ricerca degli anticorpi specifici nel sangue (IgE specifiche) ma anche di metodiche più avanzate quali quelle di allergologia molecolare.
La presenza di una “sensibilizzazione” agli esami non necessariamente è poi correlata ad una reale reazione allergica in caso di ingestione dell’alimento. In tal caso sarà necessario allontanare dalla dieta del bambino l’allergene che si ritiene responsabile di uno specifico quadro clinico, soprattutto se la reazione è stata grave, ma non è opportuno che si elimini l’alimento in via preventiva se è sempre stato assunto senza alcuna manifestazione allergica.
L’immunoterapia specifica, ovvero il vaccino, disponibile per il polline di graminacee o di betulla, in alcuni casi può diminuire, oltre ai sintomi tipici della pollinosi, anche i sintomi correlati all’assunzione della frutta.
E’ opportuno ricordare, al paziente allergico alle LTP, che queste proteine sono in grado di resistere al calore e quindi anche alimenti quali succhi di frutta o marmellate possono evocare reazioni allergiche.
Dott.ssa Valentina Decimi - Salvagente Italia
(Pediatra)